domenica 24 aprile 2016



UNA EST PATRIA COMMUNIS (2010)

Autori: E. Di Vito- G. Fillich      Grafica: M. Grazia Battistini

ANPI - Comitato provinciale di Ascoli Piceno


VOCI   DI   LIBERTA'
 
 Le vicende e le testimonianze sui fatti della Resistenza nel Piceno hanno suscitato le mie riflessioni su alcuni aspetti economici e sociali del fascismo, specie quelli riguardanti " il periodo del consenso "( 1929-1936). I risultati vogliono rappresentare uno stimolo alla ricerca e all' approfondimento di quelle situazioni che, a mio avviso, hanno avuto un peso nello sviluppo e svolgimento delle vicende della Liberazione in Italia e nei nostri paesi nel '41 e '44. Ciò che mi muove non è certamente la "voglia di revisionismo"; l' obiettivo è quello di allargare per quanto possibile la visuale su un fenomeno, La Resistenza, che si presenta nelle sue molteplici espressioni ( etiche, politiche, economiche, militati, culturali), non separabili l' una dall' altra, convinto, come sostiene G. Bocca, che: "[... la minoranza del settembre è l' avanguardia di una Resistenza che ha radici profonde e lontane; nelle fabbriche, nei campi, nelle università, nelle prigioni, tra i fuoriusciti, dentro l' esercito fascista, dentro il fascismo, energie spesso ignote le une alle altre, ma complementari, figlie della stessa volontà di sopravvivere, di non cedere"( G. Bocca- Storia d' Italia partigiana- Laterza). Il risultato, comunque lo si consegua, realizza la sottolineatura di quel diritto sacro ed irrinunciabile che si chiama " libertà", per il rispetto del quale vale la pena di sacrificarsi ed anche di morire. Di alto profilo il comportamento di Marcello Marini, uno dei tanti partigiani mandati a morte, arrestato il 30 aprile del '44 nelle vicinanze delle Piane di Falerone e fucilato il 1° maggio: " Agli uomini del plotone di esecuzione che chiedevano a lui quale fosse il suo ultimo desiderio, rispondeva: ' una sigaretta!'. Inaspriti da simile risposta e meravigliati da tanta audacia, gli aguzzini gli volevano imporre di voltare le spalle, ma egli gridava loro:' No ! La fucilazione alle spalle appartiene ai traditori; io muoio per una fede purissima, il mio sacrificio non sarà inutile. Voglio soltanto che mio padre, mia madre, i miei fratelli e i miei compagni di guerriglia sappiano che io sono morto facendo il mio dovere [...]". ( Relazione di Rani D' Ancal, comandante del Raggruppamento " Decio Filipponi", Massa Fermana).
La Resistenza ha rappresentato proprio questa esigenza.
Da annotare, al riguardo, le affermazioni del col. Paolo Petroni ( GE.28), comandante militare dell' 87° Settore Adriatico ( Provincia di Ascoli) nell' ottobre 1943: " Giovani e no, uomini e donne presero le armi; essi non possedevano i grandi trimotori, i grandi carri, i cannoni poderosi, i sofisticati armamenti dell' ultima ora, erano armati soltanto dell' amore della Patria e da un grande ideale e la maggior parte da un semplice moschetto '91. Così come erano, senza perdere un giorno, un' ora soltanto, aiutarono nella fuga persone di altre terre, di altre fedi, di diverse lingue, i prigionieri di guerra, e tutti sostennero con grazia offrendo il pane che spesso scarseggiava per tutti. Non temettero delle offese della guerra, subirono  a fronte alta le vendette brutali di un avversario implacabile, costituirono una forza combattiva, un reale ostacolo alle operazioni belliche del nemico. Lasciando da parte le grosse parole mi era giusto e doveroso concludere che quegli uomini e quelle donne con i quali mi ero ritrovato avevano ciascuno a suo modo contribuito alla disfatta del nemico, alla vittoria comune, alla liberazione della Patria e all' onore della Resistenza del popolo italiano"( " Ricordi di GE.28).


RICORRENZE CELEBRATIVE DEL 25 APRILE

Le ricorrenze celebrative della Resistenza ci hanno abituato ormai ai consueti stereotipi: omaggi ai grandi della Resistenza e ai caduti, la deposizione di corone presso i cippi commemorativi. Con il solito codazzo di polemiche e contestazioni. Poi, esaurito il cerimoniale, scende un totale silenzio sull' avvenimento. Se ne riparlerà il prossimo anno, sperando che qualcuno nel frattempo non abbia cancellato la ricorrenza della Memoria. Questa pubblicazione dal titolo provocatorio, una est patria communis, espressione latina di Cicerone( facilmente traducibile), vuole riscaldare gli animi e fare ' partorire' le menti. Innanzitutto vuole ricordare che la Resistenza , come ammoniva Joyce Lussu: " bisognava continuare a farla, nei nuovi spazi costituzionali che ci eravamo conquistati, senza fare finta che il fascismo fosse stato debellato". Soprattutto  intende rilevare che le vicende della Resistenza rappresentano l' esaltazione e la ' vittoria' anche degli ultimi., degli 'umili cafoni' della nostra terra, una terra di mezzadri e braccianti agricoli di campagna e di montagna, quelli che la storiografia più accreditata bolla come ' analfabeti' e ' incapaci di intendere'. Un' affermazione, questa, a dire poco superficiale, frutto di una visione selettiva e di parte. Le carte documentarie relative ai fatti del Piceno, infatti, dicono esattamente il contrario. Tante le donne e gli uomini, il cosiddetto contadiname, accanto agli uomini d' armi, ai primi partigiani del '43, spesso trucidati solo per avere ' approvvigionato' i fuorilegge, i banditi. Ideologicamente impreparati ma spontaneamente schierati per difendere se stessi, la roba, come dice G. Bocca in ' Storia dell' Italia Partigiana', i sacri valori familiari e per ridare un senso immediato alla parola' patria'. Stati d' animo certamente confusi, ma genuini e istintivi da sempre, pronti all' occorrenza a trasformarsi in atteggiamenti di autentica ribellione e rifiuto di qualsiasi coercizione. Un contadino ingenuo che , uscito disperato e affamato dalla grande guerra, aveva creduto nel nuovo, nel fascismo che aveva promesso a tutti, con il programma dei Fasci del' 19, un avvenire migliore. Eccolo pronto a rispondere ai proclami della battaglia del grano nel 1925, agli appelli per la bonifica delle aree paludose, all'ambizioso progetto della ruralizzazione. Poi, attivo per l' incremento della nascite, la conduzione delle guerre, la proclamazione dell' impero nel 1936, sicuro della sconfitta del nemico ( quale?). Sempre obbediente e, purtroppo, sempre perdente. Dove sono le sconfitte del nemico, dove le terre promesse da coltivare? Dove e quando un avvenire migliore? Gli interrogativi ben presto diventano mugugni; la conclusione  è una sola: questa è una patria che pretende sudore, sangue e... figli. E non è finita, perché, è noto, le guerre costano, sono dispendiose; se durano a lungo provocano le requisizioni dei beni e, purtroppo, la fame. Spunta, inesorabile, quella maledetta legge del giugno 1936 che obbliga tutti i possidenti a provvedere agli ammassi granari; segue la famigerata tassa del pane, la carta annonaria. Esulta il mercato nero. Un insieme di provvedimenti inutili, rivelatori di miopia politica. Con un epilogo finale: la sconfitta militare e politica del fascismo nelle terre di Russia e la disastrosa ritirata di quello che era rimasto dell' ARMIR. Lo spettacolo è sempre lo stesso: sono soprattutto i contadini- soldato  a dover pagare morendo sul campo di battaglia per freddo, fame e per tifo. Sperano ancora. Occorre che in patria qualcuno dia un segnale di rivincita, sono decisi a ribadire la istintiva genuinità dei valori di chi è abituato a lavorare  duramente per dissodare la terra, simbolo di vita. Cafoni sì, ma di nobili sentimenti, che neppure gli spioni, i pochi delatori riusciranno a scalfire. Risponderanno pertanto con coraggio, nelle campagne, nelle montagne, nelle chiese, ovunque sarà necessario, con le poche armi a disposizione e tanta forza di abnegazione, a quanti, uomini d' armi e comandanti di Bande, saranno disponibili, dopo l'8 settembre, a guidarli in quella nobile azione di ricostituzione del senso vero della patria e del ristabilimento delle libertà. Un' avventura condotta insieme per ribadire che : Una est patria communis!.

G. FILLICH


sabato 23 aprile 2016

Offida- storia , monumenti, folklore (1987)
Autori: G. Fillich- N. Savini- Grafica: F. Cardarelli.

Sui contenuti di tale pubblicazione riceviamo, specie da parte di studenti universitari e cultori di storia territoriale, continue richieste di informazioni. Poche, infatti, le copie  della  pubblicazione tutt' oggi reperibili sul mercato. A distanza di anni si confermano valide le linee guida e gli interrogativi   che, a fondamento della pubblicazione, ci hanno tenuti impegnati per oltre due anni. Cogliamo l' occasione per salutare  i richiedenti  , alcuni dei quali ci hanno ringraziato per le  considerazioni introduttive alla pubblicazione ( 1987) che vogliamo riporre ora all' attenzione di tutti. Soprattutto di quanti, amministratori e privati , hanno a cuore " la memoria" e" la passione culturale". Con la speranza  di una futura rielaborazione.

I NT R O D U Z I O N E

"Più volte, sia nell' impostazione del presente lavoro che durante lo svolgimento dello stesso, ci siamo posti taluni interrogativi: realizzare una guida fornendo solo le consuete informazioni sulla cittadina o realizzare qualcosa di più fondato, facendo uso della ricerca storica e pertanto di una documentazione più ampia? Effettuare  tale lavoro solo per il visitatore o anche per la cittadinanza ? Ebbene, dopo attente riflessioni, ci siamo convinti che se era opportuno dare una risposta alle esigenze del visitatore, del turista, era anche doveroso dare una risposta ai bisogni culturali della cittadinanza stessa. Pertanto il presente lavoro è indirizzato più propriamente al lettore, sia esso visitatore che cittadino offidano. A tale proposito, però, pur convinti della necessità di realizzare una guida non troppo impegnativa, non ci è stato assolutamente possibile rinunciare all' approfondimento, utilizzando una documentazione più vasta e fondata".

G. FILLICH- N.SAVINI
 
 
 
 
 
 
 
 

Vi porterò con me
Incontro con Giovanni Allevi
 
Ci siamo rincontrati a Fermo, nella Sala del Palazzo dei Priori, complice la pubblicazione “ Vi porterò con me-la mia vita con la musica”. Tanti anni passati da quel felice sodalizio culturale instaurato ai tempi del liceo , alla ricerca  di un’ ideale  filosofico-musicale estensibile anche alla vita quotidiana. Mi assale il desiderio di raccontarvi, di  dilungarmi e sperdermi nelle articolazioni dei ricordi… sul filo di ideali di libertà irraggiungibili ma che nella filosofia di F.Nietzsche, specie nell’ esaltazione dello spirito dionisiaco della “ Nascita della tragedia”, ci sembravano e ancora  ci appaiono quasi raggiungibili. Ricordo l’ allievo Giovanni Allevi , tra appunti , interventi filosofici e valutazioni che volutamente sprofondavano in arricchimenti musicali specie dell’ Ottocento e del Novecento. Mentre spuntavano sopra il banco, tra le tante carte ,numerosi  spartiti musicali. Lasciavo fare…lo ascoltavo e notavo con quanta  energia e convinzione da spunti spesso  bachiani fosse in grado di partorire  riferimenti alle composizioni mozartiane e beethoveniane. In articolati intrecci filosofici che richiamavano il pensiero critico di  Parmenide ed Eraclito. Con grande sorpresa ed attenzione da parte degli altri alunni.  Insomma, sono i ricordi di un “ anziano” professore di filosofia duettante con un giovane alunno che riusciva a rafforzare, già, la passione musicale con l’ esercizio della filosofia. Quell’alunno mi è ancora di fronte: l’ animosità e la passionalità sono rimaste esattamente le stesse. Anche gli arruffati e ricciuti capelli sembrano dire la stessa cosa. Come pure la voglia di fare ed arrivare. Con un  sogno comunque realizzato: vivere il presente il più intensamente possibile. Proprio come lo spirito dionisiaco e apollineo fusi insieme. Un grazie di cuore a Giovanni per tanta animosità, per l’ esempio di perseveranza e coraggio nella sperimentazione musicale che manifesta ancora oggi davanti ad un  pubblico di giovani ,alcuni dei quali , al contrario, delusi ed amareggiati, hanno abbandonato troppo presto la voglia di battagliare e di costruire un futuro migliore.
 
Giuseppe Fillich
 

martedì 19 luglio 2011

PRESENTAZIONE DEL LIBRO

STATUTA OPHYDANORVM
1983
N. Savini  - S. Pietroforte -  D. Bartolomei  -  M. Sbriccoli - G. Fillich
 
                                                                                                                                                                        

GLI STATUTI DELLA TERRA DI OFFIDA
( traduzione e commento a cura di G. Fillich- S. Pietroforte)

Gli Statuti della Terra di Offida, riformati , rinnovati e migliorati, sono del 1524; alla loro redazione si dedicarono Ser Giovanni Radicotica, Ser Vannitto Pantaleone, Ser Pietro Angelo di Ser Silvestro, Sante Per, Antonio di Coccia Marino, Battista Mariani. Gli Statuti comprendono sette libri e una rubrica o indice. Il Primo libro, in quattro capitoli, indica le festività religiose e i luoghi di culto. Il secondo libro, in dodici capitoli, si sofferma sull' ordinamento amministrativo e sui compiti demandati ad ogni magistratura, la durata, la costituzione. Il Terzo libro, in sessanta capitoli, tratta delle cause civili, della procedura e dei reati contemplati. Il libro si chiude con l' ordine di sfilata in occasione della processione per la festa dell' Assunta, ad agosto. Il Quarto libro, in centoventuno capitoli, tratta dei malefici, vale a dire dei reati contro beni e persone. Il Quinto libro, in quarantotto capitoli, tratta delle cosiddette cause miste e straordinarie. Il Sesto libro, in tredici capitoli, tratta dei danni comunque arrecati. Il Settimo libro, in otto capitoli, tratta delle cause d' appello e di nullità. Questo libro fa esplicita menzione del privilegio concesso da Martino v  perché la Comunità potesse allargare la sua competenza giuridica anche ai processi suddetti. Infine, la rubrica contiene un indice particolareggiato dei libri e dei capitoli. Seguono, a conclusione , delle note esplicative  riguardanti i pesi e le misure.


Introduzione

 Il testo latino che si trova a fianco della traduzione italiana è riprodotto fedelmente e integralmente da un volume edito a Fermo (FE) nel 1589 da Sertorio De Monti ( 1584-1592), lombardo, al quale passarono i privilegi già accordati ad De Grandis. La sua azione fu proseguita da Bonibello Giovanni ( 1597- 1607) e successori (cfr. F. Ascarelli, La tipografia cinquecentina italiana, Firenze, Sansoni, 1953, pag.97). E' un volume di ottima fattura tipografica, ben conservato nonostante il tempo trascorso. A quanto è dato sapere, si tratta dell' unico testo stampato esistente ad Offida e ci è stato gentilmente messo a disposizione dal suo attuale possessore,l' insegnante E.Portelli, al quale va il nostro cordiale ringraziamento. Nell' Archivio del comune di Offida si conserva una cartella contenente parecchi fogli in ordine sparso su ci sono trascritti manualmente gli stessi statuti stampati dal De Monti; sul frontespizio di uno di tale fogli è riportata la notizia secondo la quale si tratta di una copia, fatta in casa di Gregorio Cocci, dal segretario Francesco Antonio Vagnarelli il 1-1-1705; tale copia fu donata ai padri Cappuccini dal notaio Nicola Vallorani il 16-8-1754.
Il lettore tenga conto che nell' effettuare la traduzione si è cercato di mantenere la fedeltà più assoluta al testo, evitando manipolazioni gratuite ed ardite interpretazioni, proprio perché il documento conservasse il massimo della genuinità. Pertanto l' agilità espressiva della lingua italiana qualche volta ha dovuto cedere il posto alla corposità delle cadenze tardo- latine.(G. Fillich)


Ordinamento amministrativo

Parlamento generale

E' composto da un membro di ciascuna famiglia iscritta nel ruolo della imposta di famiglia. Nello Statuto del 1524 è raro il riferimento alla convocazione del Parlamento Generale, in quanto ormai altri istituti ( Concilio Generale Consiglio di Credenza)  risultavano essere più funzionali e rispondenti alle esigenze della collettività. Era convocato, evidentemente, solo in caso di decisioni di notevole gravità.

Concilio Generale

Composto da 100 consiglieri aveva il potere di nominare i pretori, i medici, i cancellieri, gli oratori, i banditori, i corrieri, i macellai, i panettieri, i custodi privati, i camerari, gli esattori. Poteva imporre tributi sia alle singole persone che alle famiglie. La seduta era valida se erano presenti almeno 60 consiglieri.

Consiglio di Credenza o delle Proposte

Era un organismo più ristretto, composto da 40 consiglieri. Il consiglio doveva discutere le proposte da inviare all' approvazione del Concilio Generale. Poteva altresì provvedere alle spese di immediata necessità che riguardavano l' utilità del Comune( riparare le mura cittadine, fare fronte a qualche pericolo imminente).

Consiglio del Numero

Era un consiglio composto da persone scelte dai priori e dai consoli. Tale consiglio doveva deliberare contro i contumaci e i ribelli. Doveva, inoltre, osservare tutti i capitoli e decreti approvati per il mantenimento della pace nella Terra di Offida.

Il governo del Comune

Era rappresentato da 4 priori e da 4 consoli che rimanevano in carica per 2 mesi. La loro elezione avveniva tramite estrazione. I priori e i consoli in carica avevano l' autorità e il potere di disporre e comandare, con parole e scritti, a tutti quelli che erano soggetti alla loro giurisdizione. I trasgressori venivano puniti con una somma che poteva raggiungere la cifra di 10 libbre di denari. Avevano, inoltre, il potere di convocare il Concilio Generale e il Consiglio di Credenza, di formulare programmi secondo le necessità del Comune stesso. Dovevano salvaguardare, sempre e in ogni caso, i beni, le sostanze, i diritti e privilegi del Comune: Ai priori, insieme al cancelliere, andavano indirizzate le richieste per le cause d' appello ( Statuto, lib. VII, cap.1° e 7°).

Il Sindaco

Era eletto dal Concilio Generale, convocato per l' occasione dai priori  e dai consoli in carica. Non poteva accedere a tale carica chi minore di 25 anni o analfabeta. Durava in carica 1 anno. Doveva assistere alle riunioni del Concilio Generale, del Parlamento, di Credenza. Il Sindaco doveva, per mano del cancelliere, compilare un libro sui beni del Comune, quelli mobili ed immobili, egli atti amministrativi assunti. Inoltre doveva curare le questioni civili e penali  sia per quanto atteneva alle questioni interne che a quelle esterne, tra  il Comune ed altri comuni. Lo stipendio annuale ammontava  a circa 25 fiorini, come stabilito dal Concilio Generale.

Il Cancelliere

Il cancelliere era eletto dal Concilio Generale. Durava in carica 6 mesi. Suo compito era quello di trascrivere, utilizzare fedelmente, per conto del Comune, gli atti di Credenza: delibere, arringhe, riformanze. Inoltre, tutte le altre scritture del Concilio Generale, del Parlamento e del Numero. Il cancelliere veniva retribuito con una somma pari a 48 fiorini all'anno.

Il Camerario

Era il tesoriere e il pagatore del Comune.

Il Podestà o Pretore

Eletto dal Concilio Generale, rappresentava la massima autorità giudiziaria nel Comune. Era competente sia nelle cause civili che in quelle criminali( penali) e miste. Durava in carica 6 mesi e non poteva essere rieletto.

 

Le origini del Comune

Considerazioni storiografiche 

Comuni denominatori


In campo storiografico, quando si vogliono individuare le origini di determinati fenomeni, necessariamente ci si imbatte in ostacoli il più delle volte insormontabili. I fenomeni, infatti, hanno la caratteristica di essere multiformi e di difficile delimitazione, proprio perché partecipano, in maniera attiva e passiva, a volte in modo inscindibile, del divenire umano che non è fatto di  tappe isolate o isolabili, ma di successioni concatenate, in cui il prima e il dopo  assumono aspetti di complementarietà. Riferita all' origine del Comune, questa affermazione poi ha un valore assoluto. Infatti alle difficoltà di separare cronologicamente i fatti che appartengono ad un singolo individuo, si aggiunge quella derivante dal fatto che, in questo caso, bisogna considerare le relazioni e i rapporti tra somme di individui o, più propriamente, tra individui facenti parte di un determinato organismo associativo. Pertanto la risposta ad un  quesito circa l' origine del Comune deve essere sicuramente generica, densa di distinzioni, riferita ad avvenimenti ed epoche considerate con circospezione e fuori da ogni apoditticità. Va evitata ,conseguentemente, ogni pretesa , per altro arbitraria ed altezzosa , di fare piene luce su un periodo della nostra storia, per molti versi ancora detentore di vaste zone d' ombra. Moti studiosi, infatti, sono soliti riferirsi all' epoca in  questione usando la ben nota espressione "Secoli bui". Stimolato da simili considerazioni R. Foglietti ( autore di " Le Marche dal 568 al 1230" MC, 1907) riteneva opportuno dedicare ampio spazio alla questione riguardante la formula "età dei Comuni". Anzi ,contestando che il Comune abbia avuto origine dalla concessione di alcune franchigie elargite da Gregorio VII alla città di Velletri , ritiene che, sotto certi aspetti, il fenomeno risalga a periodi prima di Cristo. Volere intervenire nella faccenda con l' intento di dirimere  la questione, oltre che porsi per un sentiero difficoltoso ed imprevedibile, significherebbe  contraddire in toto quanto affermato all' inizio. Ha senso, dunque, porre l' altro quesito: "Si deve parlare dell' origine del Comune o dei singoli comuni   ? La risposta definitiva , a mio avviso, la suggerisce Giangiulio Ambrosini  allorché afferma testualmente: " Le strutture organizzative del Comune, non uniformi nel territorio, hanno origini diverse, come diverso è il momento di formazione dei singoli comuni, il grado di autonomia di essi, il tipo di ordinamenti, la partecipazione delle classi sociali al governo"(Storia d' Italia, vol.I, " caratteri originali"- Torino,1972). Tuttavia, pur nella diversità della storia dei singoli comuni italiani,  sono individuabili comuni denominatori.  Subito dopo il Mille, ovunque si registrano un fervore di vita e un' operosità senza precedenti. Le città, specialmente quelle dell' Italia settentrionale, si popolano di individui eterogenei: mercanti, artigiani, piccoli proprietari, uomini d' arme, chierici. Si ebbero impulsi in tutte le direzioni dell' attività produttiva e i feudatari, laici o religiosi, subendone il fascino ed anche i vantaggi economici, incominciarono  a perdere il controllo ferreo che avevano esercitato precedentemente sui loro sudditi. Determinate categorie di cittadini scoprirono i vantaggi della cooperazione; furono dapprima iniziative settoriali che spesso entravano in contrapposizione con gli intenti di altre categorie o classi, ma i risultati più vantaggiosi e una più diffusa consapevolezza di reciproca tolleranza e interazione portarono a forme associative più o meno stabili, basate su vincoli liberamente accettati , spesso consacrati da giuramenti. Tali associazioni, sorte con lo scopo di salvaguardare e preservare gli interessi si determinate categorie, nel temo occupano quegli spazi che la latitante o quasi autorità feudale aveva gradualmente liberato. Il  feudatario , almeno nominalmente, anche se in misura più sporadica e meno tracotante, continuava ad esercitare il suo potere; nel frattempo la ricchezza , procurata tramite lo svolgimento di attività artigianali e commerciali, si estendeva a ceti sempre più vasti. Le lotte tra Impero e Papato, la condotta non sempre ammirevole dei vescovi- conti, le schermaglie continue tra feudatari, forniscono l' occasione, in più parti, di tentare il gran salto. Un po' dappertutto si riesuma la figura dei Consules, quali capi e simboli di poteri delegati; quando, per incuria e incapacità dei feudatari interessati o per operosità e doti dei cittadini, il governo feudale mostra i segni di disgregazione, sono le nuove leve economico-politiche a prendere in mano le redini della " cosa pubblica" , a dare una sterzata in direzione di una maggiore autonomia o addirittura di un completo esautoramento dell' antico regime. A questo punto il Comune, là dove si verificarono le condizioni suddette, è praticamente nato, anche se manca del crisma di ufficialità e anche se deve guardarsi da pericolosi ritorni del potere imperiale o religioso, accompagnato spesso da occasionali e interessate sollecitazioni di altro genere ( da parte di duchi, principi, altri comuni, gruppi di famiglie notabili, lotte interne...). In questo ambito, le Marche, pur affacciandosi alla ribalda comunale dopo, rispetto ad altre regioni, sono necessariamente legate, per lo più, alle concessioni che il potere  religioso sollecitato , a volte costretto o convinto, era in grado di concedere. Questo potere trovava il culmine negli ordini religiosi, per cui furono i monaci a condizionare i tempi e i modi di sviluppo comunale in vari paesi marchigiani. A questo proposito giova ricordare che soltanto nel 1291 il papa Niccolò IV concesse ufficialmente ai comuni delle Marche , e quindi anche ad Offida, il privilegio di eleggere i Podestà, i Consoli e i Priori. Ciò avvenne quando il Presidiato  farfense rappresentava una forza da non sottovalutare. Riconosciuta ufficialmente l' esistenza del comune, esplicitamente se ne riconoscevano anche le strutture portanti. Niccolò IV opera, pertanto  un riconoscimento; non concede niente di nuovo, bensì ratifica situazioni già esistenti. Ad Offida, come altrove, il Podestà e le altre magistrature esistevano da tempo, mancavano del riconoscimento ufficiale. Se esistevano le magistrature, è logico che esistessero anche gli ordinamenti, variamente denominati.( brevi, statuti, ordinamenti...). Dunque, in mancanza di norme unitarie valide per tutti( lo stato spesso era la somma di diversi territori e quasi mai un' istituzione aggregante, un popolo), la vita sociale era regolata dalle antiche consuetudini, frutto del buon senso, dell' esperienza, spesso dell' impotenza d della mancanza di mezzi per operare diversamente. I primi ordinamenti comunali ,quindi, dovettero tener conto di tali consuetudini che, con il consolidarsi dell' istituzione, servirono come struttura portante nella compilazione scritta degli stessi statuti. Gli Statuti , non più vincoli privati delle norme consuetudinarie,  ma esplicita attribuzione di poteri politici ufficialmente riconosciuti dalla comunità o dall' autorità, rappresentano la forza coesiva della comunità stessa , vincolano i destinatari, regolandone le attività. Qualche volta, come negli Statuti di Offida, solo in un secondo tempo, il potere giudiziario trova la sua piena attuazione ed autonomia, in quanto nei casi di maggiore importanza o con possibili implicazioni di carattere extraterritoriale (è il caso dei processi di nullità), la valutazione dei fatti è conservata per lungo tempo nelle mani del potere religioso.



Palazzo Comunale- sec. XIV- XV



 

Flash  d' Autore

( Estratti da pubblicazioni)

Gioco d' azzardo e solitudine

Non capisco nulla di videogiochi e di giochi d' azzardo: Né ne sono attratto. Convinto che il " gioco d' azzardo è il migliore modo per ottenere nulla da qualcosa". La storia di Antonietta, 25 anni, " malata" di video-poker, rappresenta un esempio emblematico. Per lei il gioco è diventato più vitale del cibo quotidiano, un sorta di " medicina" al contrario. In breve, Antonia è stata è ed tuttora una dipendente dal gioco d' azzardo. Uno stato fisico e soprattutto mentale per me davvero incomprensibile che, dalle confuse parole di Antonia, mi sembra più semplicemente il risultato di una serie di "fallimenti sociali" non ammessi e non rimossi. Inutili e vani  appaiono, pertanto, i tentativi di nascondere o di attutire le personali responsabilità, di negare le delusioni di vita addebitando, senza ombra di dubbio, unicamente al padre l' origine e l' essere di tutti i mali presenti:" Mio padre giocava molto-mi ripete all' infinito- e perdeva tutto. In casa mancava l' indispensabile per vivere...una vita infernale". Una giustificazione di comodo, come tante, perché Antonia intanto è cresciuta, ha trovato un buon lavoro ma, dopo un doloroso e prolungato periodo di sofferenze dopo il divorzio, passa spesso le serate in locali notturni " per dimenticare" e per finire, quasi sempre, davanti ad un' infernale macchinetta di video- poker. Nella solitudine più assoluta: Lo stipendio, i soldi ora non  bastano più. Anche la sopravvivenza è diventata difficile. Finalmente, qualche mese fa, dopo una tragica notte di desolazione, una risolutiva telefonata al Centro di Ascolto. Antonia non è ancora uscita dallo stato di bisogno da gioco ma almeno ora non è più sola nella battaglia della non- dipendenza.
( Dicembre 2015- da Spirito di Gruppo, periodico sindacale regione Marche in LibeRetà, periodico mensile del Sindacato Pensionati Italiani)

 

Alla Ricerca di  un lavoro....in nero

Dove sono finiti gli esodati? Le recenti assemblee indette per illustrare" il nuovo Statuto di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori ", elaborato dalla CGIL nazionale, hanno rappresentato l' occasione per rinverdire le gravi situazioni sociali ed economiche in cui versano migliaia di lavoratori "esodati". Ebbene, essi sono sempre più infuriati ed incazzati. Tra i colpevoli c' è spazio per tutti: per il datore di lavoro, per i governi, per l' Europa...anche per il sindacato e per gli stessi lavoratori. Sintetizzando, il senso del malcontento è chiarissimo: " Avremmo dovuto, insieme, fare battaglie più mirate...specialmente sulle errate politiche industriali per questo paese!". Non è facile contenerli: " Di noi, nuovi poveri disgraziati ed emarginati, si parla sempre meno". così Mauro, un cinquantenne tra i tanti espulsi dalle fabbriche locali in profonda crisi, alla ricerca di un qualsiasi lavoro per garantirsi almeno la sopravvivenza, " ma persone della nostra età non le vuole nessuno. Siamo considerati troppo vecchi, troppo costosi, troppo inutili. Praticamente rottami da smaltire e buttare da qualche parte. Almeno ufficialmente è così; in realtà, se sei disponibile e ti accontenti, improvvisamente spuntano possibilità di parziale occupazione...solo in nero". Mauro si dilunga in considerazioni, analisi,suggerimenti, proposte: è un soggetto in sfogo irrefrenabile. Una sottolineatura di vita colpisce la mia attenzione: " Sono stato costretto a rivedere radicalmente, giorno dopo giorno, il mio modo di vivere e, con esso, quello della mia famiglia. Alla quale non so garantire neppure il minimo...ho dovuto "tagliare" su tutto; non conosco più ferie, non sono più in grado di pagare l' assicurazione della mia vecchia autovettura". Conclusione? Mauro risponde senza esitazione: "Lo confesso: sto cercando disperatamente un lavoro in nero...e spero di trovarlo presto!". Una prospettiva davvero poco lusinghiera come pure l' amara conclusione: "Comunque, mi ritengo un fortunato. Ne conosco tanti, troppi, con moglie e figli a carico, che stanno peggio di me, non sanno  più a quale santo affidarsi".
( Aprile 2016- da Spirito di Gruppo, periodico sindacale regione Marche in LiberEtà, periodico mensile del Sindacato Pensionati Italiani)