1983
N. Savini - S. Pietroforte - D. Bartolomei - M. Sbriccoli - G. Fillich
GLI STATUTI DELLA TERRA DI OFFIDA
( traduzione e commento a cura di G. Fillich- S. Pietroforte)
Gli Statuti della Terra di Offida, riformati , rinnovati e migliorati, sono del 1524; alla loro redazione si dedicarono Ser Giovanni Radicotica, Ser Vannitto Pantaleone, Ser Pietro Angelo di Ser Silvestro, Sante Per, Antonio di Coccia Marino, Battista Mariani. Gli Statuti comprendono sette libri e una rubrica o indice. Il Primo libro, in quattro capitoli, indica le festività religiose e i luoghi di culto. Il secondo libro, in dodici capitoli, si sofferma sull' ordinamento amministrativo e sui compiti demandati ad ogni magistratura, la durata, la costituzione. Il Terzo libro, in sessanta capitoli, tratta delle cause civili, della procedura e dei reati contemplati. Il libro si chiude con l' ordine di sfilata in occasione della processione per la festa dell' Assunta, ad agosto. Il Quarto libro, in centoventuno capitoli, tratta dei malefici, vale a dire dei reati contro beni e persone. Il Quinto libro, in quarantotto capitoli, tratta delle cosiddette cause miste e straordinarie. Il Sesto libro, in tredici capitoli, tratta dei danni comunque arrecati. Il Settimo libro, in otto capitoli, tratta delle cause d' appello e di nullità. Questo libro fa esplicita menzione del privilegio concesso da Martino v perché la Comunità potesse allargare la sua competenza giuridica anche ai processi suddetti. Infine, la rubrica contiene un indice particolareggiato dei libri e dei capitoli. Seguono, a conclusione , delle note esplicative riguardanti i pesi e le misure.
Introduzione
Il testo latino che si trova a fianco della traduzione italiana è riprodotto fedelmente e integralmente da un volume edito a Fermo (FE) nel 1589 da Sertorio De Monti ( 1584-1592), lombardo, al quale passarono i privilegi già accordati ad De Grandis. La sua azione fu proseguita da Bonibello Giovanni ( 1597- 1607) e successori (cfr. F. Ascarelli, La tipografia cinquecentina italiana, Firenze, Sansoni, 1953, pag.97). E' un volume di ottima fattura tipografica, ben conservato nonostante il tempo trascorso. A quanto è dato sapere, si tratta dell' unico testo stampato esistente ad Offida e ci è stato gentilmente messo a disposizione dal suo attuale possessore,l' insegnante E.Portelli, al quale va il nostro cordiale ringraziamento. Nell' Archivio del comune di Offida si conserva una cartella contenente parecchi fogli in ordine sparso su ci sono trascritti manualmente gli stessi statuti stampati dal De Monti; sul frontespizio di uno di tale fogli è riportata la notizia secondo la quale si tratta di una copia, fatta in casa di Gregorio Cocci, dal segretario Francesco Antonio Vagnarelli il 1-1-1705; tale copia fu donata ai padri Cappuccini dal notaio Nicola Vallorani il 16-8-1754.
Il lettore tenga conto che nell' effettuare la traduzione si è cercato di mantenere la fedeltà più assoluta al testo, evitando manipolazioni gratuite ed ardite interpretazioni, proprio perché il documento conservasse il massimo della genuinità. Pertanto l' agilità espressiva della lingua italiana qualche volta ha dovuto cedere il posto alla corposità delle cadenze tardo- latine.(G. Fillich)
Ordinamento amministrativo
Parlamento generaleE' composto da un membro di ciascuna famiglia iscritta nel ruolo della imposta di famiglia. Nello Statuto del 1524 è raro il riferimento alla convocazione del Parlamento Generale, in quanto ormai altri istituti ( Concilio Generale Consiglio di Credenza) risultavano essere più funzionali e rispondenti alle esigenze della collettività. Era convocato, evidentemente, solo in caso di decisioni di notevole gravità.
Concilio Generale
Composto da 100 consiglieri aveva il potere di nominare i pretori, i medici, i cancellieri, gli oratori, i banditori, i corrieri, i macellai, i panettieri, i custodi privati, i camerari, gli esattori. Poteva imporre tributi sia alle singole persone che alle famiglie. La seduta era valida se erano presenti almeno 60 consiglieri.
Consiglio di Credenza o delle Proposte
Era un organismo più ristretto, composto da 40 consiglieri. Il consiglio doveva discutere le proposte da inviare all' approvazione del Concilio Generale. Poteva altresì provvedere alle spese di immediata necessità che riguardavano l' utilità del Comune( riparare le mura cittadine, fare fronte a qualche pericolo imminente).
Consiglio del Numero
Era un consiglio composto da persone scelte dai priori e dai consoli. Tale consiglio doveva deliberare contro i contumaci e i ribelli. Doveva, inoltre, osservare tutti i capitoli e decreti approvati per il mantenimento della pace nella Terra di Offida.
Il governo del Comune
Era rappresentato da 4 priori e da 4 consoli che rimanevano in carica per 2 mesi. La loro elezione avveniva tramite estrazione. I priori e i consoli in carica avevano l' autorità e il potere di disporre e comandare, con parole e scritti, a tutti quelli che erano soggetti alla loro giurisdizione. I trasgressori venivano puniti con una somma che poteva raggiungere la cifra di 10 libbre di denari. Avevano, inoltre, il potere di convocare il Concilio Generale e il Consiglio di Credenza, di formulare programmi secondo le necessità del Comune stesso. Dovevano salvaguardare, sempre e in ogni caso, i beni, le sostanze, i diritti e privilegi del Comune: Ai priori, insieme al cancelliere, andavano indirizzate le richieste per le cause d' appello ( Statuto, lib. VII, cap.1° e 7°).
Il Sindaco
Era eletto dal Concilio Generale, convocato per l' occasione dai priori e dai consoli in carica. Non poteva accedere a tale carica chi minore di 25 anni o analfabeta. Durava in carica 1 anno. Doveva assistere alle riunioni del Concilio Generale, del Parlamento, di Credenza. Il Sindaco doveva, per mano del cancelliere, compilare un libro sui beni del Comune, quelli mobili ed immobili, egli atti amministrativi assunti. Inoltre doveva curare le questioni civili e penali sia per quanto atteneva alle questioni interne che a quelle esterne, tra il Comune ed altri comuni. Lo stipendio annuale ammontava a circa 25 fiorini, come stabilito dal Concilio Generale.
Il Cancelliere
Il cancelliere era eletto dal Concilio Generale. Durava in carica 6 mesi. Suo compito era quello di trascrivere, utilizzare fedelmente, per conto del Comune, gli atti di Credenza: delibere, arringhe, riformanze. Inoltre, tutte le altre scritture del Concilio Generale, del Parlamento e del Numero. Il cancelliere veniva retribuito con una somma pari a 48 fiorini all'anno.
Il Camerario
Era il tesoriere e il pagatore del Comune.
Il Podestà o Pretore
Eletto dal Concilio Generale, rappresentava la massima autorità giudiziaria nel Comune. Era competente sia nelle cause civili che in quelle criminali( penali) e miste. Durava in carica 6 mesi e non poteva essere rieletto.
Le origini del Comune
Considerazioni storiografiche
Comuni denominatori
In campo storiografico, quando si vogliono individuare le origini di determinati fenomeni, necessariamente ci si imbatte in ostacoli il più delle volte insormontabili. I fenomeni, infatti, hanno la caratteristica di essere multiformi e di difficile delimitazione, proprio perché partecipano, in maniera attiva e passiva, a volte in modo inscindibile, del divenire umano che non è fatto di tappe isolate o isolabili, ma di successioni concatenate, in cui il prima e il dopo assumono aspetti di complementarietà. Riferita all' origine del Comune, questa affermazione poi ha un valore assoluto. Infatti alle difficoltà di separare cronologicamente i fatti che appartengono ad un singolo individuo, si aggiunge quella derivante dal fatto che, in questo caso, bisogna considerare le relazioni e i rapporti tra somme di individui o, più propriamente, tra individui facenti parte di un determinato organismo associativo. Pertanto la risposta ad un quesito circa l' origine del Comune deve essere sicuramente generica, densa di distinzioni, riferita ad avvenimenti ed epoche considerate con circospezione e fuori da ogni apoditticità. Va evitata ,conseguentemente, ogni pretesa , per altro arbitraria ed altezzosa , di fare piene luce su un periodo della nostra storia, per molti versi ancora detentore di vaste zone d' ombra. Moti studiosi, infatti, sono soliti riferirsi all' epoca in questione usando la ben nota espressione "Secoli bui". Stimolato da simili considerazioni R. Foglietti ( autore di " Le Marche dal 568 al 1230" MC, 1907) riteneva opportuno dedicare ampio spazio alla questione riguardante la formula "età dei Comuni". Anzi ,contestando che il Comune abbia avuto origine dalla concessione di alcune franchigie elargite da Gregorio VII alla città di Velletri , ritiene che, sotto certi aspetti, il fenomeno risalga a periodi prima di Cristo. Volere intervenire nella faccenda con l' intento di dirimere la questione, oltre che porsi per un sentiero difficoltoso ed imprevedibile, significherebbe contraddire in toto quanto affermato all' inizio. Ha senso, dunque, porre l' altro quesito: "Si deve parlare dell' origine del Comune o dei singoli comuni ? La risposta definitiva , a mio avviso, la suggerisce Giangiulio Ambrosini allorché afferma testualmente: " Le strutture organizzative del Comune, non uniformi nel territorio, hanno origini diverse, come diverso è il momento di formazione dei singoli comuni, il grado di autonomia di essi, il tipo di ordinamenti, la partecipazione delle classi sociali al governo"(Storia d' Italia, vol.I, " caratteri originali"- Torino,1972). Tuttavia, pur nella diversità della storia dei singoli comuni italiani, sono individuabili comuni denominatori. Subito dopo il Mille, ovunque si registrano un fervore di vita e un' operosità senza precedenti. Le città, specialmente quelle dell' Italia settentrionale, si popolano di individui eterogenei: mercanti, artigiani, piccoli proprietari, uomini d' arme, chierici. Si ebbero impulsi in tutte le direzioni dell' attività produttiva e i feudatari, laici o religiosi, subendone il fascino ed anche i vantaggi economici, incominciarono a perdere il controllo ferreo che avevano esercitato precedentemente sui loro sudditi. Determinate categorie di cittadini scoprirono i vantaggi della cooperazione; furono dapprima iniziative settoriali che spesso entravano in contrapposizione con gli intenti di altre categorie o classi, ma i risultati più vantaggiosi e una più diffusa consapevolezza di reciproca tolleranza e interazione portarono a forme associative più o meno stabili, basate su vincoli liberamente accettati , spesso consacrati da giuramenti. Tali associazioni, sorte con lo scopo di salvaguardare e preservare gli interessi si determinate categorie, nel temo occupano quegli spazi che la latitante o quasi autorità feudale aveva gradualmente liberato. Il feudatario , almeno nominalmente, anche se in misura più sporadica e meno tracotante, continuava ad esercitare il suo potere; nel frattempo la ricchezza , procurata tramite lo svolgimento di attività artigianali e commerciali, si estendeva a ceti sempre più vasti. Le lotte tra Impero e Papato, la condotta non sempre ammirevole dei vescovi- conti, le schermaglie continue tra feudatari, forniscono l' occasione, in più parti, di tentare il gran salto. Un po' dappertutto si riesuma la figura dei Consules, quali capi e simboli di poteri delegati; quando, per incuria e incapacità dei feudatari interessati o per operosità e doti dei cittadini, il governo feudale mostra i segni di disgregazione, sono le nuove leve economico-politiche a prendere in mano le redini della " cosa pubblica" , a dare una sterzata in direzione di una maggiore autonomia o addirittura di un completo esautoramento dell' antico regime. A questo punto il Comune, là dove si verificarono le condizioni suddette, è praticamente nato, anche se manca del crisma di ufficialità e anche se deve guardarsi da pericolosi ritorni del potere imperiale o religioso, accompagnato spesso da occasionali e interessate sollecitazioni di altro genere ( da parte di duchi, principi, altri comuni, gruppi di famiglie notabili, lotte interne...). In questo ambito, le Marche, pur affacciandosi alla ribalda comunale dopo, rispetto ad altre regioni, sono necessariamente legate, per lo più, alle concessioni che il potere religioso sollecitato , a volte costretto o convinto, era in grado di concedere. Questo potere trovava il culmine negli ordini religiosi, per cui furono i monaci a condizionare i tempi e i modi di sviluppo comunale in vari paesi marchigiani. A questo proposito giova ricordare che soltanto nel 1291 il papa Niccolò IV concesse ufficialmente ai comuni delle Marche , e quindi anche ad Offida, il privilegio di eleggere i Podestà, i Consoli e i Priori. Ciò avvenne quando il Presidiato farfense rappresentava una forza da non sottovalutare. Riconosciuta ufficialmente l' esistenza del comune, esplicitamente se ne riconoscevano anche le strutture portanti. Niccolò IV opera, pertanto un riconoscimento; non concede niente di nuovo, bensì ratifica situazioni già esistenti. Ad Offida, come altrove, il Podestà e le altre magistrature esistevano da tempo, mancavano del riconoscimento ufficiale. Se esistevano le magistrature, è logico che esistessero anche gli ordinamenti, variamente denominati.( brevi, statuti, ordinamenti...). Dunque, in mancanza di norme unitarie valide per tutti( lo stato spesso era la somma di diversi territori e quasi mai un' istituzione aggregante, un popolo), la vita sociale era regolata dalle antiche consuetudini, frutto del buon senso, dell' esperienza, spesso dell' impotenza d della mancanza di mezzi per operare diversamente. I primi ordinamenti comunali ,quindi, dovettero tener conto di tali consuetudini che, con il consolidarsi dell' istituzione, servirono come struttura portante nella compilazione scritta degli stessi statuti. Gli Statuti , non più vincoli privati delle norme consuetudinarie, ma esplicita attribuzione di poteri politici ufficialmente riconosciuti dalla comunità o dall' autorità, rappresentano la forza coesiva della comunità stessa , vincolano i destinatari, regolandone le attività. Qualche volta, come negli Statuti di Offida, solo in un secondo tempo, il potere giudiziario trova la sua piena attuazione ed autonomia, in quanto nei casi di maggiore importanza o con possibili implicazioni di carattere extraterritoriale (è il caso dei processi di nullità), la valutazione dei fatti è conservata per lungo tempo nelle mani del potere religioso.
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| Palazzo Comunale- sec. XIV- XV |
Flash d' Autore
( Estratti da pubblicazioni)Gioco d' azzardo e solitudine
Non capisco nulla di videogiochi e di giochi d' azzardo: Né ne sono attratto. Convinto che il " gioco d' azzardo è il migliore modo per ottenere nulla da qualcosa". La storia di Antonietta, 25 anni, " malata" di video-poker, rappresenta un esempio emblematico. Per lei il gioco è diventato più vitale del cibo quotidiano, un sorta di " medicina" al contrario. In breve, Antonia è stata è ed tuttora una dipendente dal gioco d' azzardo. Uno stato fisico e soprattutto mentale per me davvero incomprensibile che, dalle confuse parole di Antonia, mi sembra più semplicemente il risultato di una serie di "fallimenti sociali" non ammessi e non rimossi. Inutili e vani appaiono, pertanto, i tentativi di nascondere o di attutire le personali responsabilità, di negare le delusioni di vita addebitando, senza ombra di dubbio, unicamente al padre l' origine e l' essere di tutti i mali presenti:" Mio padre giocava molto-mi ripete all' infinito- e perdeva tutto. In casa mancava l' indispensabile per vivere...una vita infernale". Una giustificazione di comodo, come tante, perché Antonia intanto è cresciuta, ha trovato un buon lavoro ma, dopo un doloroso e prolungato periodo di sofferenze dopo il divorzio, passa spesso le serate in locali notturni " per dimenticare" e per finire, quasi sempre, davanti ad un' infernale macchinetta di video- poker. Nella solitudine più assoluta: Lo stipendio, i soldi ora non bastano più. Anche la sopravvivenza è diventata difficile. Finalmente, qualche mese fa, dopo una tragica notte di desolazione, una risolutiva telefonata al Centro di Ascolto. Antonia non è ancora uscita dallo stato di bisogno da gioco ma almeno ora non è più sola nella battaglia della non- dipendenza.( Dicembre 2015- da Spirito di Gruppo, periodico sindacale regione Marche in LibeRetà, periodico mensile del Sindacato Pensionati Italiani)
Alla Ricerca di un lavoro....in nero
Dove sono finiti gli esodati? Le recenti assemblee indette per illustrare" il nuovo Statuto di tutte le lavoratrici e di tutti i lavoratori ", elaborato dalla CGIL nazionale, hanno rappresentato l' occasione per rinverdire le gravi situazioni sociali ed economiche in cui versano migliaia di lavoratori "esodati". Ebbene, essi sono sempre più infuriati ed incazzati. Tra i colpevoli c' è spazio per tutti: per il datore di lavoro, per i governi, per l' Europa...anche per il sindacato e per gli stessi lavoratori. Sintetizzando, il senso del malcontento è chiarissimo: " Avremmo dovuto, insieme, fare battaglie più mirate...specialmente sulle errate politiche industriali per questo paese!". Non è facile contenerli: " Di noi, nuovi poveri disgraziati ed emarginati, si parla sempre meno". così Mauro, un cinquantenne tra i tanti espulsi dalle fabbriche locali in profonda crisi, alla ricerca di un qualsiasi lavoro per garantirsi almeno la sopravvivenza, " ma persone della nostra età non le vuole nessuno. Siamo considerati troppo vecchi, troppo costosi, troppo inutili. Praticamente rottami da smaltire e buttare da qualche parte. Almeno ufficialmente è così; in realtà, se sei disponibile e ti accontenti, improvvisamente spuntano possibilità di parziale occupazione...solo in nero". Mauro si dilunga in considerazioni, analisi,suggerimenti, proposte: è un soggetto in sfogo irrefrenabile. Una sottolineatura di vita colpisce la mia attenzione: " Sono stato costretto a rivedere radicalmente, giorno dopo giorno, il mio modo di vivere e, con esso, quello della mia famiglia. Alla quale non so garantire neppure il minimo...ho dovuto "tagliare" su tutto; non conosco più ferie, non sono più in grado di pagare l' assicurazione della mia vecchia autovettura". Conclusione? Mauro risponde senza esitazione: "Lo confesso: sto cercando disperatamente un lavoro in nero...e spero di trovarlo presto!". Una prospettiva davvero poco lusinghiera come pure l' amara conclusione: "Comunque, mi ritengo un fortunato. Ne conosco tanti, troppi, con moglie e figli a carico, che stanno peggio di me, non sanno più a quale santo affidarsi".( Aprile 2016- da Spirito di Gruppo, periodico sindacale regione Marche in LiberEtà, periodico mensile del Sindacato Pensionati Italiani)





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